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I rimborsi chilometrici dal punto di vista dell’imposta sul reddito, sono deducibili se rispettano i limiti previsti dall’art. 95, comma 3, del Dpr 917/1986.
Qualora i dipendenti o il titolare di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa siano stati autorizzati a utilizzare un autoveicolo di proprietà dell’azienda (oppure noleggiato) per una specifica trasferta, la spesa deducibile è limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative agli autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, o 20 se con motore diesel. In riferimento all’Irap non ci sono disposizioni che limitano espressamente la deducibilità dei rimborsi chilometrici.
A riguardo la circolare 27/E/2009 ha chiarito che restano indeducibili, le somme erogate al dipendente o al collaboratore a titolo di indennità e tutti gli altri elementi che compongono la retribuzione lorda.
La dottrina maggioritaria ritiene che siano deducibili i rimborsi chilometrici sostenuti per i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, in quanto i relativi costi sono ora integralmente deducibili dall’Irap; continuerebbero ad essere indeducibili ai fini Irap i costi chilometrici per le trasferte effettuate dai collaboratori – e dai dipendenti a tempo determinato, in quanto i relativi costi non sono deducibili ai fin Irap.

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I debiti hanno una data di scadenza, come la pasta fresca e il latte.
Che si tratti di privati, (fornitore di utenze, assicurazioni, banche) enti pubblici (es. Agenzia delle Entrate) il creditore deve fare attenzione ai tempi di prescrizione, se non vuole perdere i suoi soldi.
In pratica, il creditore che non si interessa del proprio diritto, “non invia solleciti o non intraprende un processo per il recupero di quanto dovuto” dopo un certo periodo di tempo non potrà più agire contro il debitore.
I tempi di prescrizione sono diversi a seconda del tipo di credito.

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Nel caso in cui si abiti in un condominio con appartamento di proprietà e con altre unità immobiliari sempre di proprietà, viene deliberato a maggioranza di non avvalersi di un amministratore esterno, a causa dei costi elevati.
Ogni tipo di segnalazione richiesta o problema riguardante gli spazi comuni venga sistematicamente ignorata da parte dell’amministratore, l’unica possibilità è quella di ricorrere all’ autorità giudiziaria in sede di volontaria giurisdizione, perché prenda i provvedimenti necessari alla manutenzione del bene comune.
In particolare in mancanza di amministratore di condominio vale l’articolo 1105 ultimo comma, del Codice Civile, dettato in tema di comunione, ma applicabile al condominio per il quale se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza.
Ossia se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’ autorità giudiziaria competente.
Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore.

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Nel caso in cui capitasse di trovarsi addebitata in cc una somma il cui ordine di bonifico non è mai stato disposto è probabile che la banca sia corresponsabile (con il vero e proprio truffatore) per non avere disposto idonei sistemi antifrode.
La diligenza dell’accordo bancario implica l’obbligo di adozione di un modello organizzativo adeguato alla tipologia di operazione posta in essere, tenendo conto che l’attività bancaria rientra nella categoria delle attività pericolose, ex art 2050 del codice civile.
È orientamento giurisprudenziale ormai consolidato che, nel caso di operazioni effettuate con strumenti elettronici, spetta all’istituto di credito verificare la riconducibilità delle stesse alla volontà del cliente e l’eventuale uso di codici di accesso al sistema da parte di terzi rientra nel rischio professionale dei servizi di pagamento, prevedibile ed evitabile con appropriate misure tecniche volte a verificare la riferibilità.
Pertanto se la banca non dimostra la riconducibilità delle operazioni contestate, né di avere adottato tutte le misure idonee per salvaguardare la sicurezza del correntista, essa non può ritenersi estranea all’accaduto.
Qualora succedesse si consiglia di rivolgersi all’Abf (arbitro bancario finanziario) autorità deputata a dirimere controversie di tal genere.

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Se in un condominio viene indetta un’assemblea condominiale e un condomino non intende partecipare all’assemblea ne attribuire delega, non risulta la sussistenza di una norma specifica che imponga all’amministratore di condominio (o al presidente dell’assemblea, se a conoscenza) di allegare al verbale documenti o lettere su richiesta del singolo condomino assente.
Infatti l’art. 1130 n°7 del Codice Civile si limita a stabilire che l’amministratore deve curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee.
Nel registro del verbale delle assemblee sono altresì annotate le eventuali mancate costituzioni dell’assemblea, le deliberazioni e le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne hanno fatto richiesta.
Pertanto la decisione spetta all’assemblea che può anche decidere di non allegare documenti o altro, ritenendoli esempio non pertinenti.

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Quesito: Se un contribuente indica nel quadro VH, ai righi VH3, VH6 e VH9, anziché un debito, un credito pari a € 1.000 per ogni trimestre. Questo procede poi a liquidare correttamente l’intera IVA annuale al rigo VL32.
Tale comportamento, pur non generando evasione d’imposta (facendo così, di fatto, slittare in versamento della stessa a saldo) configura una dichiarazione infedele?
Nella situazione esposta, non si configura l’ipotesi di dichiarazione infedele, in base all’articolo 5, comma 4, del Digs 471/1997, si realizza la fattispecie della dichiarazione infedele quando dalla dichiarazione presentata risulta un’imposta inferiore a quella dovuta, oppure un’eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante.
Nel caso descritto, l’errata compilazione del quadro VH non ha avuto effetti sull’imposta indicata come dovuta e conseguentemente di una dichiarazione infedele, ma esclusivamente di una dichiarazione con dati inesatti.

 

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Le rate per debiti contributivi sono generalmente 24, in determinati casi eccezionali si può arrivare a 36 o a 60.
L’estinzione del debito in 36 rate si può consentire se il ritardo o mancato pagamento dipenda da alcune situazioni rilevanti ossia: procedure concorsuali per le quali sia già stato emanato il provvedimento dichiarativo; ricorrenza di uno stato di crisi aziendale dovuto a contrazioni o sospensioni dell’attività produttiva per eventi transitori non imputabili all’azienda, di situazioni temporanee di mercato, di un processo di riorganizzazione o crisi economiche settoriali, riconversione e ristrutturazione; contestuali richieste di pagamento di contributi dovuti a vario titolo ed aventi scadenze concomitanti dovuti a vario titolo ed aventi le stesse scadenze .
La dilazione in 60 rate deve essere autorizzata con decreto del ministro del lavoro e con quello dell’Economia ed è prevista solo se il mancato pagamento è dovuto da:
- oggettive incertezze dovute a sopravvenuti orientamenti diversi giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giurisprudenziale o amministrativa; fatto doloso del terzo denunciato all’autorità giudiziaria entro il termine fissato dall’art.124 comma 1 del Codice Penale e sempre che l’interessato esibisca certificazione dell’autorità giudiziaria che attesti la pendenza del procedimento instaurato con la denuncia.

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Quisito:
Con quale maggioranza l’assemblea condominiale può deliberare di addebitare l’intero debito di un condomino, moroso da più anni, a tutti gli altri condomini in regola con i pagamenti.

-Tutti i condomini sono tenuti a contribuire alle spese comuni in base ai rispettivi millesimi, pertanto è nulla la delibera che esonera il condomino moroso dal parteciparvi rinunciando a recuperare il credito che il condominio vanta nei suoi confronti salvo che ciò venga deciso con il consenso unanime dei condomini, che pertanto dovranno tutti partecipare all’assemblea di persona o per delega.
Non è consentito all’assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote condominiali di condomini morosi.
A tale proposito è intervenuta la Corte di cassazione, stabilendo che l’assenso alla modifica alla convenzione derogativa dei criteri dettati dalla legge o dal regolamento per ripartire gli oneri condominiali può essere modificato anche al di fuori dell’adunanza assembleare, purchè sia osservata la forma scritta richiesta per la convenzione stessa.
Ciò significa che colui che non ha potuto partecipare personalmente all’assemblea e sottoscrivere il relativo verbale contenente la delibera modificata al criterio di riparto, può successivamente esprimere il proprio consenso, portandolo a conoscenza degli altri condomini tramite (raccomandata a/r, oppure pec, posta elettronica o certificata).
L’unanimità è allo stesso modo, richiesta per la delibera istruttiva del fondo morosità, fatta eccezione per il caso di effettiva e dimostrabile urgenza derivante da eventuali azioni esecutive esercitate dai creditori in danno delle parti comuni dell’edificio o di singoli condomini solventi, perché allora può ritenersi legittima la relativa delibera assunta con il solo voto della maggioranza.
Il debito va ripartito tra i condomini solventi su base millesimale, essendo illegittimo prevedere che vi concorrano su base paritaria, versando tutti il medesimo importo.

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QUESITO
Se una persona è disoccupata e il marito è socio al 70% di una srl nella quale l’altro socio è il fratello, può essere assunta come dipendente nell’srl con busta paga e versamento dei contributi?

Per i lavoratori legati da vincoli di parentela con soci amministratori, secondo la circolare INPS 179/1989, il rapporto di lavoro, in via generale, può essere convalidato in quanto esso intercorre con la società e non con i singoli soci.
È necessario verificare il concreto assetto della società al fine di accertare se nel caso di specie sussistano condizioni per il riconoscimento di un vero e proprio lavoro subordinato. Anche tra coniugi operanti in società di capitali, come in questo caso, potrebbe succedere un rapporto di lavoro, ma è indispensabile il requisito della subordinazione, ossia l’effettivo rapporto di dipendenza e che sia dimostrata dai diretti interessati.
Rimane sempre necessaria una rigorosa prova degli elementi costitutivi e di svolgimento del rapporto di lavoro subordinato, basato, sul concreto ed effettivo assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, gerarchico e disciplinare del proprio datore di lavoro.

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Per chiedere la cessione dell’obbligo del mantenimento nel caso di separazione e uno dei coniugi convive con altra persona ci si deve rivolgere al giudice, nel frattempo la quota mensile deve essere pagata.
Se tale motivazione sarà ritenuta valida, si potrà ottenere la modifica con decorrenza dal momento della domanda, in relazione ai principi che si stanno facendo strada nella giurisprudenza.
Si potrà eventualmente chiedere indietro quanto versato dopo avere iniziato l’azione di modifica secondo la legge.
Pertanto dalla lettura dell’art. 447 del CC, che si occupa degli alimenti e ne reclude la cedibilità e la compensazione, si sosteneva infatti la irripetibilità del contributo al mantenimento di un coniuge, una volta che questo fosse stato pagato.
La corte suprema ha stabilito che la revoca dell’assegno di mantenimento pagato da un coniuge separato all’altro può operare retroattivamente se, nella valutazione della situazione economica del coniuge beneficiario, è emerso che questo dispone di una stabile capacità lavorativa e reddituale, con conseguente condanna alla restituzione dalla data della domanda dell’ex coniuge.

 

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